Zafferano di Enna: l’oro rosso della terra siciliana


Si narra che ci fosse un bellissimo giovane, innamorato della ninfa Smilace. I due si amavano, vivendo al riparo degli dei; ma Smilace era la favorita del Dio Ermes che per vendetta trasformò il giovane in un fiore: quel giovane si chiamava Crocus. Croco era l’antico nome con cui veniva chiamato lo zafferano. Perchè ora invece si chiama così? Scoprilo nel nostro post.

La parola zafferano deriva dal termine persiano che indica il giallo: “sahafaran” e poi dall’arabo “Za’feràn”. Questa etimologia si deve al forte colore giallo che assume dopo la cottura e al fatto che furono proprio gli arabi a riportare lo zafferano in Europa attraverso la Spagna, dopo che la caduta dell’Impero Romano ne aveva limitato fortemente le coltivazioni.
In Italia sin dai tempi della colonizzazione Greca della Sicilia ci fu un’attenta coltivazione di zafferano nell’isola, rafforzatasi poi a partire dal MedioEvo.

In alcune aree del Meridione è tradizione cospargere il talamo nuziale con fiori di croco per augurare felicità agli sposi.

La provincia di Enna è un’area importantissima, da sempre, per la coltivazione dello zafferano. Tornando alla mitologia greca è giusto ricordare che, nel mito di Proserpina, il croco era proprio uno dei fiori che ella raccoglieva nel momento del ratto compiuto da Plutone.
La produzione risulta ancora limitata, ma molto radicata nel territorio: il piacentinu ennese, formaggio tipico della zona, deve il suo caratteristico colore giallo proprio all’aggiunta di pistilli di zafferano alla cagliata.

Un prodotto così ricco di storia, di tradizione e di fascino è entrato a far parte del nostro menù Calda Luce di Andrea Racalbuto che lo propone nel primo

calamarata con crema di porri dolci allo zafferano dell’Ennese, seppioline e coda di rospo

un piatto che noi abbiamo amato subito per la capacità di trasmettere una forte emozione, come sempre accade con degli abbinamenti così ben riusciti.

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